I Santi Patroni
Sant’Elpidio
Scultura lignea policroma raffigurante S. Elpidio vescovo, Patrono di Sant’Arpino. La scultura è in legno di castagno e risale all’ultimo quarto del VX secolo. La statua si trovava in pessime condizioni, è stata recentemente restaurata grazie all’impegno del Comitato festeggiamenti per S. Elpidio e all’aiuto economico di devoti benefattori. L’opera di restauro è stata svolta dal prof. Umberto del Monaco collaborato da Tizzano Elvira e La Canna Eva.
Cenni sulla vita di Sant’ Elpidio
E’ celebrato il 1° settembre dal Martirologio Romano, il cui latercolo riepiloga una non antica leggenda secondo la quale Elpidio fu uno dei dodici vescovi o preti africani che, durante la persecuzione vandalica del V sec. o durante quella ariana del IV, dopo vari tormenti furono caricati su di una vecchia nave senza remi e senza vele perché morissero in mare. Ma la nave non affondò e, spinta da correnti favorevoli, raggiunse la Campania. Tale leggenda, come avevano già sospettato il Ruinart ed il Tillemont e come dimostra ampiamente il Lanzoni, è recente (sec. XII) e non merita alcuna fiducia: essa non fa che riprendere e rifare, ampliandoli, altri episodi del genere, come quello del vescovo di Cartagine Quodvultdens giunto coi suoi chierici a Napoli nel 439-440. Il Lanzoni vede in tutti i dodici nomi, vescovi o santi locali. Prima, infatti, che in tale leggenda, il nome di Elpidio appare in altre fonti ben più importanti.
La passio del martire atellano s. Canione dice che il vescovo Elpidio eresse una basilica sul suo sepolcro ed anzi ne riporta l’iscrizione dedicatoria col nome del costruttore. Un altro documento, la Vita S. Elpidii, lo celebra al 24 maggio, lo dice fratello di s. Cione, zio di s. Elpicio, non altrimenti noto, e vescovo di Atella ai tempi di papa Siricio (384-399) e di Arcadio (395-408): questi dati cronologici sono probabilmente quelli giusti. Gli Atti della traslazione di s. Atanasio di Napoli ci informano che in Atella nell’872 vi era una ecclesia S. Elpidii, mentre un istrumento notarile dell’820 testimonia che già in quell’epoca tutta la zona circostante era chiamata S. Elpidio (oggi S. Arpino). E, finalmente, il Calendario marmoreo di Napoli (cf. Mallardo, op. cit in bibl., p. 21) ne celebra la memoria al 15 gennaio con le parole: ET s. EEPIDII EPI[SCOPI]; e, malgrado che l’identità della data abbia fatto concludere al Delehaye che in questa nota si tratti dell’omonimo Elpidio, celebrato pure al 15 gennaio dal Sinassario Costantinopolitano, il Lanzoni ed il Mallardo accettano la tradizione di quegli studiosi che videro celebrato nel Calendario marmoreo il vescovo di Atella, perché l’Elpidio bizantino non consta fosse vescovo.
Distrutta la città con l’invasione longobarda, pare che alcuni cittadini atellani, portando con sé i corpi di Elpidio, Cione ed Elpicio, si rifugiassero a Salerno, dove le sacre reliquie vennero collocate sotto un altare dell’antica cattedrale. Il clero di Salerno da secoli ne celebra la festa liturgica al 24 maggio. Recentemente, nel 1958, l’arcivescovo Demetrio Moscato ha voluto compiere una ricognizione canonica delle reliquie dei santi che la storia salernitana confermava essere sepolti nella cripta del duomo, propriamente sotto l’altare denominato “dei santi confessori”. Fra le altre reliquie furono rinvenute anche quelle dei tre santi Elpidio, Cione ed Elpicio, ivi collocate dall’arcivescovo Alfano I nel marzo 1081, come è chiaramente detto in un’iscrizione marmorea, collocata dal medesimo arcivescovo nella parte interna della lastra di copertura delle reliquie, che ora avranno nuova decorosa sistemazione. Anche nella lista episcopale di Reggio Emilia, si incontra un Elpidio, vescovo di Atella, che, distrutta la sua sede, cercò rifugio nientemeno che a Reggio Emilia, città di cui sarebbe stato vescovo dal 448 al 453; morto, sarebbe stato sepolto, non si comprende per quale motivo, a Salerno. Il Lanzoni, accennando a queste notizie, le ritiene, e non a torto, “un ammasso mostruoso di errori”.
S. Elpidio nasce molto probabilmente a cavallo fra il 388 ed il 395 d.C. Di famiglia illustre, il Santo aveva un fratello di nome Canione ed un nipote di nome Elpicio, entrambi divenuti sacerdoti.
Il nome Elpidio deriva del termine greco “elpis” che significa speranza, per cui Elpidio significa “colui che spera in Dio”. Divenuto sacerdote, Elpidio fu consacrato vescovo a 30 anni, nel 420 circa. Intorno al 432 diviene vescovo di Atella. Rimane vescovo di Atella per circa 22 anni. La data della sua morte è da collocarsi fra il 452 ed il 457. Numerosi sono i miracoli compiuti dal santo. Fra questi quello più noto avvenne nel luglio del 1809, quando un vecchio paralitico di Sant’Arpino, un certo Carmine Tanzillo, riprende a camminare normalmente dopo che S. Elpidio gli è apparso in visione. Il corpo del Santo è stato conservato nella chiesa di Atella (da lui edificata nel posto ove ora sorge il palazzo Ducale) fino al ‘787 .in quell’anno a seguito delle incursioni dei Longobardi, alcuni atellani per paura che le reliquie del Santo fossero rubate le trasportarono nella città di Salerno, ove attualmente continuano ad essere custodite nel Duomo della città.
San Canione
Nacque a Iulia (Cartagine) nella prima metà del III secolo. La sua biografia ci è stata tramandata nella Passio SanctiCanionis, documento conservato nella cattedrale di Acerenza, e da altri documenti agiografici.Durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano il vescovo Canio, avendo rifiutato di fronte al Prefetto Pigrasio di venerare gli idoli e di riconoscere la divinità dell’imperatore, fu sottoposto a torture di ogni tipo e imprigionato nella speranza che la fame, gli stenti e le torture piegassero la sua resistenza. Si narra che il futuro santo tra gli stenti continuava nel carcere ad annunciare il Vangelo e a convertire con la parola e la sofferenza quanti lo avvicinavano.Informato dell’ostinata resistenza del prigioniero il Prefetto lo condannò alla decapitazione. Un violento nubifragio accompagnato da terremoti spaventò i soldati ed il boia i quali si dettero alla fuga. Il vescovo Canio con alcuni fedeli poté così imbarcarsi su un vecchio natante e con quello fortunosamente approdò nei pressi del Volturno.Ad Atella (l’attuale Sant’Arpino), dove predicò il Vangelo, gli sono attribuiti molti miracoli. Nell’anfiteatro di Atella un uomo in fin di vita per una angina pectoris si disse guarito al tocco delle mani del santo. Una donna cieca di nome Eunemia ottenne la vista, un ragazzo posseduto dai demoni ne fu liberato.Ormai vecchio e malato il vescovo Canio si ritirò in un eremo, dormendo in un folto roveto dove lo colse la morte. Il vescovo Elpidio, informato prodigiosamente della morte del santo, eresse sul luogo un piccolo tempio per custodirne le venerate spoglie, e in fronte alla basilica pose questo distico: Elpidiuspraesul hoc templumcondiditalmum, o Canio martyr, ductus amore tuo.
Intorno all’800 il vescovo di Acerenza Leone costruì la cattedrale sui resti di un antico ciborio e traslò da Atella il corpo di san Canio. Nel 1080 secondo il cronista Lupo Protospata, inventum est corpus Canionis, fu ritrovato il corpo di san Canio e sotto la protezione del santo pose la nuova cattedrale e la diocesi. Nel 1543 in occasione della visita pastorale del cardinale Saraceno risulta a verbale che il prelato con altri notabili ecclesiastici e laici
«venne di mattino dove si trova l’altare maggiore nel quale è deposto il Sacro Corpo di San Canio martire come gli fu detto da tutti, come questo non poteva essere visto perché è sotto l’altare maggiore fabbricato»
Nel deambulatorio della Cattedrale attualmente sotto l’altare di san Canio si conserva il pastorale del santo vescovo, ritenuto miracoloso. L’esposizione e la venerazione di questa reliquia testimonia la consapevole vocazione all’evangelizzazione della diocesi di Acerenza: infatti diventerà punto di riferimento importante per la storia civile e religiosa del mezzogiorno d’Italia.Altri luoghi dove si venera San Canio sono Calitri, in provincia di Avellino, all’interno della cui chiesa parrocchiale è custodita la reliquia di un dito; oltre alla venerazione di San Canione, la cui parrocchia si trova a Sant’Arpino, nella provincia di Caserta, ove si svolge, il martedì in Albis, una festa religiosa di origini pagane alla quale intervengono gli abitanti dei paesi vicini.