Uomini Illustri
Cittadini atellani illustri
Atella, geograficamente equidistante da Napoli e da Capua, fu per molti secoli una città autonoma della Campania e poi una fiorente cittadina dell’impero romano, dotata di una rigogliosa vita commerciale e di una imponente influenza politica. Per questi motivi annovera non pochi personaggi illustri che hanno avuto un ruolo nel panorama storico del loro tempo. Fra essi ricordiamo Gneo Magio che, appartenente a un ramo collaterale di una nobile e potente famiglia capuana trapiantata ad Atella, ricoprì la carica di meddixtuticus durante l’alleanza con Annibale. Questa era una carica pubblica di grande importanza, corrispondente a un sommo magistrato con funzioni di coordinamento della federazione di dodici città alleate. Oltre a Gneo Magio, fra i cittadini illustri di Atella, vanno certamente annoverati anche Mellonia e Caio Celio Censorino. La bella matrona Mellonia nacque ad Atella da una ricca famiglia, fedele al proprio marito che era lontano per affari, si negò alle voglie di Tiberio, gaudente e voluttuoso imperatore romano che spesso trascorreva i suoi ozi nell’isola di Capri. Per vendicarsi del rifiuto di Mellonia, l’imperatore la fece falsamente accusare di adulterio. La virtuosa donna pur di non macchiarsi di quest’infamia preferì togliersi la vita. Altro insigne atellano fu il senatore Caio Celio Censorino, vissuto nel III secolo d.C. Egli ricoprì importanti cariche (tra le quali si ricordano i titoli di comite dell’imperatore Costantino, consolare della Campania, esattore e curatore della via latina) e contribuì notevolmente allo sviluppo urbanistico di Atella, ornandola di splendidi edifici pubblici e migliorandone la viabilità interna. La gens atellana gliene fu molto grata e per celebrarne la magnanimità gli dedicò un bassorilievo marmoreo, che avrebbe dovuto essere sormontato da una statua, in cui venivano ricordati i suoi titoli e i suoi meriti insigni. Vi è infine da menzionare Vestia Oppia, una donna atellana abitante in Capua, citata da Tito Livio nella sua opera Ab Urbe Condita per aver salvato tanti soldati romani dalla fame. Questa donna si prodigò molto per portare cibo ai prigionieri romani dopo che essi erano stati catturati da Annibale e rinchiusi a Capua. La stessa, poi, insieme ad un’altra donna di Capua di nome FaucolaCluvia, fece molti sacrifici agli dei per la vittoria del popolo romano contro i cartaginesi. Il Senato romano, dopo la vittoria contro Annibale, si convinse che i campani tutti, tranne queste due donne, erano nemici dei romani al pari dei cartaginesi e per questo motivo decretò che si restituissero i beni e la libertà solo a Vestia Oppia Atellana e a FaucolaCluvia. I senatori romani decisero anche che se le due donne avessero desiderato un altro premio dal Senato non dovevano fare altro che recarsi a Roma e chiederlo. A molti atellani che invece avevano parteggiato per Annibale furono confiscati i beni, altri vennero rinchiusi in prigione, ad altri ancora fecero distinzione fra ciò che si poteva confiscare e ciò che si poteva lasciare in loro possesso. Il Senato romano dispose poi che i capuani, gli atellani e i calatini fossero liberati a patto che nessuno di loro restasse cittadino romano e decretò che si vendessero in Capua i beni di tutti quelli che esercitassero qualche carica pubblica in Capua, in Atella e in Calatia. Decisero, altresì, di rimettere alla decisone del Collegio dei Pontefici la scelta su quali fra le statue in bronzo sequestrate in Capua e ad Atella fossero sacre e quali profane. Infine siccome Atella, fra la fuga di quelli che avevano seguito Annibale a Thuri, la perdita di quelli che erano morti in battaglia, i dispersi, i deportati, restava ormai spopolata, ordinarono che i nocerini fossero trasferiti ad Atella per ripopolarla.
Fu medico molto noto ed ascese alle vette della scienza medica.
Famoso integerrimo Magistrato, fu 1° Presidente della Corte di Cassazione.Nato il 16 1prile del 1851 e morto il 12 luglio 1923.
E’ stato 58° Vescovo di Troia (Foggia) di cui ha retto il governo diocesano per 25 anni. E’ ricordato nella città pugliese per la sua carità di presule e per le opere che costruì nella diocesi. Nel 1754 abbellisce la Chiesa di S. Elpidio in S. Arpino a proprie spese e col contributo del fratello medico Antonio, costruendo l’altare maggiore e la balaustra in marmo stile barocco.
Padre Pasquale Ziello (1901 – 1976), valoroso e illustre figlio santarpinese (a lui è anche dedicata una strada), virtuoso missionario del PIME, esempio di zelo e santità.
Padre Pasquale non è stato un religioso qualsiasi ma un autentico “sacerdote di santità non comune”, che non esitò a saltare sul corpo del papà che si era steso sulla porta di casa per impedirgli di partire per una missione in paesi situati dall’altra parte del mondo. Ma nel suo cuore risuonava l’eco di anime lontane a lui sconosciute che gli gridavano: vieni a salvarci! Partì e trascorse ben 46 anni di vita missionaria in Birmania, in una condizione non facile, spesso in mezzo alle tribù, tra persecuzioni e maltrattamenti. Anni difficili per la situazione politica e sociale del Paese, in cui si registrò ogni sorta di angheria contro i missionari italiani, tra cui alcuni barbaramente uccisi come il padre Mario Vergara, allievo di padre Ziello.
La profondità della sua vocazione, tuttavia, non si è mai piegata al cospetto del male così come testimonia il suo intenso apostolato caratterizzato da opere concrete e talvolta di cambiamenti radicali, costruì finanche un Cottolengo. Per opera sua il colonnello birmano Maung si convertì al cristianesimo.
Era anche un raffinato intellettuale: oltre 20 le pubblicazioni che portano la sua firma, tra cui un libro molto impegnativo (“Directorium ad usum sacerdotum”) che è ancora famoso ed è tuttora consultato da teologi e vescovi. Fu anche un eminente studioso di diritto canonico.
Rientrò nel 1974 in Italia. Dopo due anni, morì a Rancio di Lecco nella Casa di Riposo del P.I.M.E. e fu seppellito nel piccolo cimitero dei missionari alla Villa Grugana, in Calco (Co), ove ha riposato fino all’altro giorno quando – così come da lunghi decenni sperato e sognato dai suoi conterranei – è stato trasferito a Trentola Ducenta.
Abate, autore di numerose pubblicazioni a carattere scientifico. Fù direttore degli studi di lettere alla Scuola Militare Nunzitella. Come storiografo di Atella è ricordato per l’opera postuma “RICERCHE STORICHE E CRITICHE SULLA ORIGINE, LE VICENDE E LA ROVINA DI ATELLA ANTICA CITTA’ DELLA CAMPANIA” (1840).
Tra gli illustri personaggi di Sant’Arpino regna sovrana la figura di Vincenzo Legnante, medaglia d’oro del foro degli avvocati di Napoli, per oltre un decennio Sindaco di Sant’Arpino nonché storico dell’Antica Atella. Nato a Sant’Arpino nel 1897 e ivi defunto nel 1979, l’Avv. Vincenzo Legnante ha sempre amato ed è sempre stato legato alla sua terra.
Avvocato, partecipò alle vicende della Rivoluzione Napoletana del 1799 sulla sponda borbonica come Capo della Polizia e Ministro di Ferdinando IV. Prese parte al processo contro gli insorti assumendo una posizione favorevole per alcuni di essi (Luisa SANFELICE e Domenico FIORE).
Fu Consolare della Campania, ai tempi di Costantino il grande. Nell’anno 330 dell’E.V.
Egli ampliò ed abbellì la sua patria città. Ecco la iscirzione innalzatagli dai suoi concittadini atellani:
C. CAELIO. CENSORI.
NO V. C. PRAEF. CANDI
DATO CONS. CVR. VIAE
LATINAE CVR. REGIO. VII.
CVR. SPLENDIDAE. CAL
THAG. COMITI D. N.
COSTANTINI MAXIMI AVG
ET EXACTORI AVRI ET ARGENTI
PROVINCIARVM III. CONS. PRO
VINC. SICIL. CONS. CAMP. AVCTA
IN MELIVS CIVITATE SVA ET REFOR
MATA ORDO POPVLVSQVE ATELLANVS
L. D. S. C.
Questa iscrizione si trovava un tempo, in un gran piedistallo fabbricato appiè del Campanile di Grumo.
Nacque nel 1695 dal Dott. D. Tommaso e da D. Cecilia Giannettasio, e morì ai 26 di ottobre del 1760. Avvocato di grido, fu autore delle due celebratissime Memorie, tante volte citate, in difesa di Sant’Arpino: “DIFESA DELLA TERRA DI S. ARPINO E DI ALTRI CASALI ATELLANI CONTRO LE CITTA DI NAPOLI E AVERSA” (1755) e “CONTINUAZIONE DELLA DIFESA…..” (1757). Nella disputa con i due Colossi dell’epoca egli uscì vittorioso dando lustro alla sua terra natia.
Medico famoso, fu storico di Atella oltre che autore di numerose pubblicazioni tra le più importanti “Memorie Storico-Critiche sulla vita di S. Elpidio Vescovo Africano”.
È celebre nella storia, perché non avendo voluto concedere al vecchio Imperatore Tiberio, e fatta perciò falsamente accusare di adulterio, si privò un bacio bentosto della vita per non soffrire l’infamia.
Vescovo di Acerra e S. Agata dei Goti. Fù ministro della Giunta dei Vescovi e Consigliere del Re Ferdinando IV.
Parroco nato nel 1593. Sostenne il peso di questa Cura Parrocchiale per lo spazio di 46 anni, e morì nel 2 maggio 1665. Fu Dottore in Legge, socio e corrispondente dei Bollandisti ed amico dell’Augeri.