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Author: admin

Cenni Storici

GIUSEPPE MACRI’ Cenni storici

NATO A MESSIA NEL 1843, SI ARRUOLA, AD APPENA 17 ANNI, NELLE SQUADRE SICILIANE DEI “PICCIOTTI” CHE SEGUONO I GARIBALDINI SBARCATI IN SICILIA. INQUADRATO NELLA DIVISIONE “MEDICI”, FACENTE PARTE DELL’ESERCITO MERIDIONALE COSTITUITO DA GIUSEPPE GARIBALDI, NE SEGUE LE VICENDE, CON IL GRADO DI SERGENTE, NELLA CONQUISTA DELLA SICILIA E DELL’ITALIA MERIDIONALE FINO ALLA BATTAGLIA DEL VOLTURNO. DURANTE GLI SPOSTAMENTI DEI GARIBALDINI IN TERRA DI LAVORO, GIUSEPPE MACRI’ CONOSCE PROBABILMENTE PER LA PRIMA VOLTA IL PAESE DI SANT’ARPINO DOVE, RITORNATO NEL 1905, DOPO UNA BREVE CARRIERA NELL’ESERCITO ITALIANO CONCLUSASI CON IL GRADO DI TENENTE DEI GRANATIERI, ACQUISTA IL PALAZZO DUCALE GIA’ APPARTENUTO ALLA FAMIGLIA SANCHEZ DE LUNA D’ARAGONA. LO STESSO PALAZZO VERRA’ DONATO, ALLA SUA MORTE AVVENUTA NEL 1932, AL COMUNE DI SANT’ARPINO CHE, CON LE RENDITE DI ESSO, DOVRA’ BENEFICIARE I POVERI DEL PAESE. LE VOLONTA’ TESTAMENTARIE VENGONO APPLICATE CON L’EREZIONE DELL’”ENTE DI BENEFICENZA MACRI’” CHE FUNZIONA FINO AGLI ANNI 80.
ALLA SUA MORTE SEMBRA SI FACCIA SEPPELLIRE ALL’IMPIEDI NELLA CAPPELLA DA LUI STESSO ERETTA.

FILOMENA PASSERO

FIGLIA DI RAFFAELE, NASCE AD OTTAJANO (NAPOLI) NEL 1857. DOMESTICA PER MOLTI ANNI DI GIUSEPPE MACRI’, E’ CONOSCIUTA IN PAESE COME “DONNA FILUMENA D’O’ TENENTE” O COME “DONNA FILUMENA A’ MORT’”. MUORE NEL 1925.

LA CAPPELLA NEL CIMITERO

COSTRUITA NEGLI ANNI 20 DEL 1900, CUSTODISCE LE SPOGLIE MORTALI DEL PROPRIETARIO, GIUSEPE MACRI’, E DELLA SUA DOMESTICA FILOMENA PASSERO. FU IDEATA SEGUENDO CANONI “ESOTERICI” CHE SI RIFANNO, PRESUMIBILMENTE, AL SIGNIFICATO ROSACROCIANO DEL CERCHIO E DEL TRIANGOLO. LA SUA ARCHITETTURA, INFATTI, MOLTO SEMPLICE, E’ COMPOSTA DA QUESTE DUE FIGURE GEOMETRICHE CONCENTRICHE. LA STRUTTURA ESTERNA, IL CERCHIO, E’ INTERAMENTE IN MATTONI E DETIENE UNA UNICA PORTA DI ACCESSO, QUATTRO FINESTRE, DUE ABBAINI PER PRESA DI LUCE E DODICI FINESTRINI ROTONDI, DISPOSTI LUNGO LA CIRCONFERENZA, CHE SERVONO PER OSSERVRE L’INTERNO. ESSI SEMBRANO ORIENTATI, INOLTRE, SECONDO PRECISE DIRETTRICI CARDINALI.
ALL’INTERNO LA FORMA TRIANGOLARE, CHE SOVRASTA LE DUE TOMBE, E’ COSTITUITA DA TRE PILASTRI E TRE COLONNE. AL CENTRO DI ESSA E’ INSTALLATO UN BUSTO MARMOREO DI GIUSEPPE MACRI’ IN DIVISA DA UFFICIALE DELL’ESERCITO SABAUDO ESEGUITO, FORSE, DALLO SCULTORE DI MOLFETTA LEONARDO DI CANDIA NEL 1907.
LE SCRITTE SULLE LAPIDI PRESENTI NELLA CAPPELLA INNEGGIANO ALLA “CARITA’”, LA VIRTU’ PRATICATA DAL MACRI’ NEGLI ULTIMI ANNI DELLA SUA VITA.
SULLE PARETI INTERNE ERANO APPESI, FINO A QUALCHE DECENNIO ADDIETRO, ALCUNI RICORDI DELLA VITA MILITARE DI MACRI’.

Il Tenente Macrì

Circa la fascinosa storia del Tenente Macrì e di "donna Filumena a’ mort"

Le ultime vicende amministrative, che sembrano finalmente aver portato alla risoluzione dei problemi che impedivano la ristrutturazione del Palazzo Ducale, mi hanno riportato alla mente la magica figura del Tenente Giuseppe Macrì da Messina, ultimo proprietario del palazzo ducale. Molti conoscono solo di nome questo misterioso personaggio che la storia ha catapultato nel nostro paese e nonostante vi sia un circolo a lui dedicato sono in pochi a conoscere la vita di questo grande benefattore della nostra comunità. Ho avuto modo di conoscere a fondo la vita di questo straordinario siciliano quando nell’ottobre del 1986, assieme ad altri amici della Pro Loco, decisi di ripulire e di riattare la sua cappella al cimitero, chiusa da quasi dieci anni ed ormai ridotta in condizioni disastrose. Poiché avevo intenzione di scrivere dei cenni biografici per sistemarli poi sulla sua cappella, feci una serie di interviste agli anziani del paese e ciò insieme alla lettura del Testamento mi porto alla conoscenza di un personaggio unico che già aveva stimolato la mia fantasia per la strana forma della sua cappella. Giuseppe Macrì nacque a Messina l’8 luglio del 1843, rampollo di un’agiata famiglia siciliana, si unì alla camicie rosse di Garibaldi quando queste sbarcarono in Sicilia per liberare il Meridione dai Borboni. Arruolatosi con il grado di Sergente, seguì Garibaldi fino alla liberazione di Napoli ed alla storica battaglia sul Volturno. Molto probabilmente fu durante questi eventi che ebbe modo di conoscere Sant’Arpino. Alla fine della guerra, integrato come gran parte dei garibaldini nel neo esercito italiano, diviene Tenente dei granatieri tornando più volte nelle nostre zone fino a quando nel 1903, sessantenne, abbandonato l’esercito e passato alla’attività di agricoltore-commerciante, acquista il palazzo ducale per 14.500 lire, ormai abbandonato dai Caracciolo a cui l’immobile era passato per ragioni ereditarie. Grazie a questo nuovo lavoro riesce subito ad integrarsi nel nostro paese allora centro agricolo-canapiero, stabilendo, egli socialista razionale ed ex garibaldino, un buon rapporto con i contadini ed i lavoratori della canapa. Raccontano i più anziani che era un uomo alto, robusto, spesso vestito di bianco, parlava un italiano con forte accento siciliano, aveva un paio di baffi grandi e ben curati. Nel cortile del palazzo cresceva maiali, papere, galline, conigli e teneva delle vasche con anguille, secondo alcuni anziani aveva anche una coltivazione di bachi da seta. Mangiava spesso pan di spagna che si faceva appassionatamente preparare con le uova delle sue galline. Era solito, negli ultimi anni della sua vita, recarsi presso Napoli ed al suo ritorno alla stazione lo aspettavano gruppi di ragazzini che gli facevano compagnia fino al palazzo ove egli li compensava con i centesimi che tirava fuori dalle tasche del suo panciotto. Macrì aveva con sé una donna misteriosa, una certa Filomena Passero che egli definiva scherzosamente suo ministro degli interni. Costei, come dice una filastrocca santarpinese, ancora ricordata dai più anziani, non gli era né moglie, né sorella, né parente ma solo donna Filomena del Tenente. Donna schiva e solitaria non usciva mai dalle mura del palazzo ed era spesso oggetto di beffe e scherni da parte dei ragazzini a cui ella negava l’accesso ai numerosi frutti del giardino del cortile. Per il suo apsetto trasandato venne soprannominata << FILUMENA A’ MORT>> ed è così rimasta impressa nella memoria popolare che ancora oggi a Sant’Arpino quando si vede una donna vestita male si dice <<me pare donna Filumena d’ ‘o Tenente>>. Si racconta che Macrì durante le feste patronali non permise mai l’ingresso della statua di S. Elpidio nel palazzo. Grande passione del Tenente era lo spiritismo che egli considerava una scienza degna delle civiltà più evolute. Si fece costruire un tavolo rotondo apposta per le sedute spiritiche che faceva nelle stanze del palazzo ducale e ciò contribuì ad alimentare fra la gene la leggenda dei fantasmi e delle apparizioni ultraterrene nel palazzo stesso. Ancora in vita si fece costruire la cappella mortuaria con la forma di un cerchio che racchiude un triangolo ed in questa cappella priva di croci fece seppellire anche Filomena Passero morta prima di lui. Nel suo testamento lasciò tutti i suoi beni immobili e le relative rendite al comune di Sant’Arpino il quale con tali rendite aveval’obbligo di istituire un circolo spiritico, di fare beneficenza ai poveri ogni 2 novembre dell’anno, di elargire borse di studio per il francese ed infine di tenere sempre in stato decoroso il palazzo e la cappella. Lasciò numerosi libri e vari mobili. Per sua espressa volontà sia lui che Filomena sono sepolti in posizione verticale anziché orizzontale. Nella sua cappella vi fece mettere la spada, le divise, numerose foto di famiglia ed altri oggetti personali; di tutto ciò quando abbiamo aperto la cappella io ed i miei amici, abbiamo trovato solo due sue foto semidistrutte fra i calcinacci che erano caduti dalle pareti.

Palazzo Zarrillo

Palazzo Zarrillo

Residenza di importanti Famiglie Gentilizie (De Simone-Zarrillo) ha un’imponente facciata con magnifico portale ”bucciato” e pregevoli ringhiere sui balconi. Notevole anche lo scalone d’ingresso. Ospita la sede di Atella dell’Archeoclub d’Italia ed una sezione della soprintendenza ai beni archeologici.

Palazzo Magliola

Palazzo Ducale Sanchez de Luna d’Aragona

Palazzo Ducale Sanchez de Luna d'Aragona (sec. XVI)

L’edificio venne costruito a cavallo fra il 1573 ed il 1592 dal tesoriere del regno di Napoli. Alonzo Sanchez de Luna d’Aragona che divenne poi duca di Sant’Arpino. Presenta una struttura architettonica a pianta quadrata, venne edificato sul luogo ove prima esisteva l’antica chiesa fatta costruire da Sant’Elpidio fuori dalle mura di Atella. Tale chiesa ormai quasi distrutta venne fatta abbattere dal Duca ed al suo posto edificato il maestoso palazzo ducale e contemporaneamente costruita la nuova Chiesa di Sant’Elpidio proprio di fronte al Palazzo Ducale dove sorge tuttora.

L’antica chiesa, così come si ricava dai marmi lasciati dal duca nelle mura del palazzo ducale sorgeva verso il lato est dell’odierno cortile del palazzo ed aveva l’ingresso rivolto verso la città di Atella, era lunga palmi settantotto e larga palmi quarantotto, presentava anche un atrio nel suo ingresso.
Il Palazzo ducale è composto da quattro corpi di fabbrica posti a corona intorno ad un cortile che nel passato aveva vari annessi agricoli ed un’immensa cisterna per la raccolta delle acque meteoriche che ora inutilizzata é posta sotto il fabbricato sul lato della facciata. L’edificio presenta un piano terra con accesso dall’androne, un primo piano destinato agli appartamenti nobiliari e due quartini ammezzati nella parte superiore. La facciata al piano terra presenta sei finestre, tre per lato, incorniciate da pietre di piperno, al primo piano nobile le finestre, sempre tre per lato, sono in asse con le sottostanti ed infine all’ultimo livello abbiamo piccoli balconcini con balaustra. Al centro della facciata c’è il magnifico portale d’ingresso interamente di piperno inquadrato da colonne doriche su alto basamento, le quali colonne a loro volta sostengono il balcone del primo piano che rappresenta l’unico corpo sporgente dell’intera facciata al quale si accede da una grande porta posta al centro.

Il portone è preceduto da una lieve salita fatta di lastre di basalto con quattro mezze colonne due per ogni lato.
Nella parte superiore e centrale della balconata c’è lo stemma della famiglia.
Nel 1798, in occasione delle nozze celebrate dal sesto duca di sant’Arpino con Maria Giovanna D’Avalos, il palazzo venne abbellito e restaurato come testimonia una lapide posta nell’androne. Anticamente all’interno del palazzo c’era, fra l’altro, una grande sala per galleria con pareti tutte istoriate, un’altra stanza conteneva i ritratti dei vari personaggi della famiglia nobiliare dei Sanchez de Luna d’Aragona. L’edificio è interamente costituito da murature di tufo proveniente in gran parte dalla grotta e dalle cave scavate in loco. I solai al piano terra sono in buona parte costituiti da volte in tufo del tipo a botte ed a crociera mentre quelli ai piani superiori sono composti da travi in legno. Nella parte nobile dell’edificio rimangono ancora visibili tracce di dipinti sotto le volte e residui di carte istoriate poste sotto al solaio a copertura delle travi in legno Alle spalle del palazzo ducale esisteva un immenso giardino, di oltre dieci moggi, ora completamente urbanizzato, che era collegato con un’apertura nel palazzo ducale e la chiesetta di S.Canione era ubicata all’interno di questo immenso giardino.
Sotto questo giardino, che era recintato con archi settecenteschi, esisteva un’enorme grotta cantina, segni concreti di questa cavità sono tuttora le residue strutture di alcuni pozzi ancora visibili dietro le spalle del palazzo ducale. Anche sui lati del palazzo anticamente esistevano giardini ora scomparsi. Il palazzo è stato abitato dai duchi di Sant’Arpino fino alla metà del 1800 per poi passare per motivi ereditari in possesso della famiglia nobiliare dei Caracciolo dalla quale il tenente Giuseppe Macrì lo acquistò nel 1903.

Il Castellone

IL CASTELLONE (sec. II d.C.)

Rudere archeologico in «opus reticolatum» situato sulla strada provinciale Aversa – Caivano, è l’unica testimonianza emersa dell’antica Atella. Non si sa di preciso la sua originaria destinazione. E’ considerato, da alcuni, risalente al sec. II d.C. e parte di edificio termale, da altri parte di torre difensiva di epoca medioevale. Con la sua caratteristica forma è diventato l’emblema dell’agroatellano per i ricordi che evoca.

Chiesa Sant’Elpidio Vescovo

Chiesa Sant' Elpidio Vescovo

Ubicata in Piazza Umberto I, fronteggia il Palazzo Ducale. La sua costruzione fu voluta da Alonzo III Sanchez de Luna (1590) al posto della omonima chiesa fatta abbattere per innalzare il Palazzo Ducale. Lo spazio per l’edificio fu ottenuto abbattendo un nucleo di costruzioni medioevali che esistevano sull’attuale piazza. Originariamente più piccola dell’attuale chiesa e senza cupola, è stata rimaneggiata più volte nei secoli successivi fino ad ottenere (1884) l’attuale fisionomia. La facciata si presenta con due torri campanarie con orologi pubblici. E’ a croce latina e misura 44 metri di lunghezza per 19 metri di larghezza. Presenta 11 altari e quello maggiore, con splendida balaustra in marmo policromo di stile barocco, fu donato da Sua Ecc.za Mons. Marco De Simone, vescovo di Troia, nativo di Sant’Arpino che, insieme al fratello medico Antonio, abbellì a proprie spese la Chiesa nel 1754. Consacrata al Sacro Cuore di Gesù, presenta uno stupendo altare maggiore del ‘700. Vi sono alcuni dipinti su tela, opera della scuola di Luca Giordano, come anche le statue, in particolare le statue lignee della Madonna di Atella, di Sant’Elpidio vescovo e di San Francesco di Paola; Nell’altare laterale dedicato alla Madonna del Buon Consiglio riposano i corpi dei Santi Prospero e Costanzo, ivi traslati da Gennaro Sanchez de Luna. Presenta all’ingresso un organo meccanico ottocentesco (opera del Criscuolo) da pochi anni restaurato e funzionante.

Chiesa San Francesco di Paola

Chiesa San Francesco di Paola

Costruita con l’annesso convento sul finire del Cinquecento da Alonzo III Sanchez de Luna, sui resti di un antico edificio religioso (probabilmente un tempio romano), fu affidata dal 1593 ai padri Minimi di San Francesco di Paola, che vi abitarono fino alla soppressione del monastero avvenuta nel 1799 per dar spazio all’attuale cimitero voluto dalle riforme murattiane;

Chiesa e Romitorio San Canione

Chiesa di San Canione

Edificata nel 1969, sorge a fianco dell’antico romitorio risalente al terzo secolo, che ancora oggi viene aperta ai fedeli nella settimana dopo Pasqua.

Romitorio di San Canione

Oltre alla parrocchia nuova dedicata al santo, a Sant’Arpino, si trova anche il Romitorio di San Canione considerato un oratorio paleocristiano di epoca atellana. Dedicato al Santo sembra essere stato anche la sua tomba fino alla traslazione del corpo ad Acerenza. Probabilmente all’inizio era una semplice edicola con affreschi ed alcune statue in seguito venne costruito il romitorio. Dalle testimonianze locali è stato abitato da un monaco eremita che viveva solo con alcuni animali. Oggi internamente è stato quasi completamente ristrutturato mancano però la ristrutturazione esterna e la ristrutturazione di alcuni affreschi. Sulla facciata centrale c’è un affresco della Madonna delle Grazie affiancata da due santi (sant’Elpidio e san Nicola).